Approfondimento

Autore

Gigli, Girolamo

Titolo

Vocabolario cateriniano

Stampe

Prima edizione 1717: Vocabolario cateriniano.

Nuove edizioni e ristampe

1722: Vocabolario cateriniano di Girolamo Gigli da lui lasciato imperfetto alla lettera R, e che in questa seconda impressione si dà compito, ove si spiegano, e si difendono alcune voci, e frasi di s. Caterina da Siena, usate da essa nelle sue opere, secondo il dialetto sanese, e sue proprie. Con l’aggiunta della retrattazione del medesimo; della farsetta del Piato dell’H di Pier Jacopo Martelli; e delle lettere di quasi tutte le Accademie d’Italia in approvazione della locuzione della Santa. A Manilla nell’Isole Filippine [Lucca].

1797-98: Vocabolario cateriniano, in Girolamo Gigli, Collezione completa delle opere edite e inedite, 3 voll., All'Aja, si vendono in Siena presso Vincenzo Pazzini Carli e figli, vol. II e III.

1866: Vocabolario cateriniano, 2 voll., a cura di Pietro Fanfani, Firenze, Tipografia e Cartoleria di Tito Giuliani.

2008: Vocabolario cateriniano, a cura di Giada Mattarucco, prefazione di Maria Antonietta Grignani, Firenze, Accademia della Crusca.

Sommario

Girolamo Gigli a chi legge (pp. I-XXXVII); Sigle degli autori citati (pp. XXXVII-XL); Gli Scrittori Sanesi più moderni, che quì si citano per qualche osservazione, tra’ molti altri, che si tralasciano, già nel nostro manifesto accennati (pp. XL-XLI); Altri Scrittori moderni, citati in conformazione dell’uso della Santa, o dell’uso Sanese, o pure per dichiarazione di alcuna cosa (pp. XLIII-XLIV); [Lemmario. La copia presso l’Accademia è priva delle ultime otto pagine] (pp. XLV-CCCXII).

L'opera

Girolamo Gigli divenne, soprattutto per questo vocabolario, il simbolo della “più vigorosa insurrezione municipale ma non particolaristica contro le pretese esclusiviste, in materia di lingua, degli ambienti colti fiorentini” (Vitale 1984: 192). Lo spunto polemico di partenza gli venne offerto dall’assenza di citazioni di Caterina da Siena (“non troppo lontana dagli anni di Giovanni Villani e nell’età medesima del Boccaccio, e del Petrarca, e di tant’altri di più puliti Prosatori, e Poeti; e che diede con quegli alla Toscana bambina eloquenza il primo sostanzioso latte”, p. XXX) nella terza edizione del Vocabolario della Crusca, nella cui tavola dei citati pure compariva. Si ripropone dunque l’idea del lemmario costruito sulla lingua di un solo autore con intenti ora diversi da quelli dei primi lessicografi e con spoglio di molti altri. Ogni autore senese citato è sottoposto a un ideale e polemico confronto con gli autori consacrati dai fiorentini (ad esempio, “Agnolo di Tura del Grasso, contemporaneo di Giovanni Villani [...]”, “Bindo Bonichi, Poeta Sanese, contemporaneo di Dante [...]”) e la selezione degli esempi tratti dagli scrittori approvati dalla Crusca è funzionale a sostenere il modello cateriniano. Tra gli scrittori moderni Gigli segnala lessicografi quali Politi, Pergamini, l’Alunno, il Felici, Tassoni e Pomey. La storia dell’opera, che circola a fascicoli prima della pubblicazione a Roma e Lucca, è parallela a quella del suo autore, il quale, non potendo contare sul sostegno della Crusca, blandisce altre accademie e invita diversi scrittori coevi a utilizzare termini cateriniani nelle loro opere, per poter sostenere poi nel suo vocabolario che questi lemmi sono ancora in uso, offrendo in cambio la fama della citazione. È il caso ad esempio del "Padre Fra Gio: Battista Cotta da Tenda già Vicario Generale della Congregazione Agostiniana di Genova, eccellente Oratore, e Poeta" che deve la sua fama presso la posterità al fatto di aver citato in un sonetto l'espressione guarda già, lemmatizzata dal Gigli perché usata da Caterina e ignorata dal Vocabolario della Crusca. Non mancano citazioni “inventate di sana pianta (in particolare quegli Strambotti dei Rozzi che il Benvoglienti riconobbe subito come apocrifi, e ulteriori indagini confermarono tali)” (Migliorini 1940: 76), mentre il Gigli stesso ne denuncia la presenza in altri vocabolari. Si segnalano soprattutto i pregevoli riscontri lessicali e grammaticali in cui si contesta la veridicità o la correttezza di citazioni della Crusca: “procurare. disse Santa Caterina, e tutti i Sanesi, e tutte le nazioni Toscane, ed Italiane [...]. I Fiorentini soli soli pronunziano col c raddoppiato proccurare, proccuratore, e proccura; ed in questa maniera autorizzarono tali voci nel Vocabolario, citando il Boccaccio, Dante, ed il Petrarca, ed altri. Ma, per vero dire, questo Proccuratore non merita d’aver troppo Clientoli al suo studio, nè molti Giudici a suo favore, perche regge la sua causa in gran parte a forza di falsi rapporti di citazioni”. Nel suo modello linguistico, pur “cateriniano” il senese è considerato per l’uso parlato e con una distinzione, diremmo oggi, diastratica tra “volgo nobile” e “volgo villano”: “numeri. I Fiorentini, e Sanesi fino a uno contano bene insieme; ma poi si rompono; e quegli dicono dua, questi due [...]. Indi s’accordano fino a dieci, che tutti così scrivono, ma taluno di essi tal volta diece. Al Quattordici nuova lite: I Fiorentini lo dicono coll’o chiuso, i Sanesi coll’aperto [...]. Oggi pure il Volgo Sanese, e il Volgo nobile ancora dice vinti”. Il tono delle definizioni, che ospitano aneddoti umoristici, spunti satirici e attacchi ingiuriosi, diventa sempre più acre: il lemma “pronunzia”, in cui si offre una trattazione linguisticamente interessante, si articola tra polemiche e osservazioni sui diversi usi toscani da p. CXCVII a p. CCXCIX. L’opera verrà interrotta alla lettera R e, insieme coll’esilio temporaneo comminato al Gigli, condannata al rogo, ma si dice che nelle piazze vennero bruciate al suo posto parecchie copie di altri libri, salvandone molte di questo vocabolario rimaste nelle biblioteche private.

Scheda dell'opera e immagini